L’estate conclusasi già da qualche tempo e subitamente rimpiazzata da un autunno freddo come non se ne vedevano da un po’, mi ha visto ospite in terra sarda le due ultime settimane di Agosto.
Tralasciando di dilungarsi sulla descrizione di spiagge simil-caraibiche e su paesaggi spettacolari degni del più commovente film romantico (come dimenticare, ad esempio, il panorama di Pan di Zucchero e dei faraglioni che si ammira da Nebida? Io proprio non lo so), ciò che mi va di ricordare oggi con voi – anche per evitare di guardare fuori dalla finestra e cadere nella più profonda delle depressioni – è la bontà e la “generosità” della cucina sarda.
Qualcosa che non è sfuggito al mio occhio (e al mio palato) attento è, prima di tutto, l’uso singolare dei vezzeggiativi nella zona di Cagliari, Iglesias e nell’oristanese. Provate a ordinare una “coppetta” di gelato da 2 euro: vi verrà servita una coppa talmente grande che pure la Champions League se la sogna. E non che la cosa dispiaccia, anzi. Abituati ad ordinare una coppetta in centro a Milano, a pagarla 4 euro e a dover raschiare il fondo (già alto) della stessa alla ricerca di gelato, non credevamo ai nostri 4 occhi. Sardegna – Lombardia: 1-0.
La regola si ripete a Cagliari, in occasione della nostra ultima cena prima del rientro nella triste, nebbiosa Val Padana. Scegliamo un posticino guidati dal nostro istinto e dalle foto addocchiate qua e là su Trip Advisor.
Il personale di sala, gentilissimo e molto attento, ci offre un prosecco ed un “assaggio di gamberetti fritti” che io sbrano ancor prima che tocchino il bordo del tavolo. Li mangio per intero, senza badare a teste, occhi, antenne, gusci, etc. Mi sento un po’ Deryl Hannah in “Splash, una sirena a Manhattan” nella scena del ristorante. “Dalle mie parti l’aragosta si mangia così“, dice lei con ancora una chela che le spunta dalla bocca. Ecco, uguale. I gamberetti fritti a casa mia si mangiano così, punto.
Andrea è un po’ più elegante di me. Stacca testa, antenne e zampette, poi, quando non è rimasto più niente da mangiare, si lecca le dita, per non godere solo a metà. Ad ognuno il suo (punto di vista).
Arriva poi il momento di ordinare. “Zuppetta alla cagliaritana“, minimo per due persone. Thò, eccolo. E’ questo l’antipasto che vogliamo. Ci intriga, è fatto apposta per noi. “Ma sì, Andre, è una zuppetta ai molluschi e frutti di mare, prendiamo questa vah, che domattina alle 4 dobbiamo alzarci per prendere l’aereo alle 7 e almeno stiamo leggerini. Poi io però dato che avrò ancora un languorino ordino anche le linguine all’astice. Ecco sì, direi che può andare. Tanto la zuppetta è solo una zuppetta, al massimo riordiniamo il pane se proprio abbiamo ancora fame”.
Arriva la “zuppetta”. Penso che la foto basti a descrivere il tutto.
“Zuppetta” alla cagliaritana
Quello che non descrive però è la nostra faccia quando la vediamo arrivare in sala. Ci guardiamo intorno – sarà per qualcun altro, pensiamo – ma ci siamo solo noi, che siamo arrivati presto, ad un orario improponibile (“solo” le 20) per gli altri clienti.
Deglutiamo, non so se più per la sorpresa o per via dell’acquolina in bocca che fin dal primissimo stimolo visivo, stile cane pavloviano, assale entrambi.
Deglutiamo, non so se più per la sorpresa o per via dell’acquolina in bocca che fin dal primissimo stimolo visivo, stile cane pavloviano, assale entrambi.
Spostiamo tutto lo spostabile dal centro del tavolo, che se no la “zuppetta” non ci sta.
Neanche a dirlo, la zuppetta ci viene servita con pane abbrustolito e con ulteriore pan focaccia nel cestino del pane. Iniziamo a mangiare, accompagnando il tutto con un’eccezionale birra artigianale che scegliamo – per una volta – al posto del vino bianco. Scelta ottima, azzeccatissima.
“Andre, è squisita, ma io guarda ne mangio giusto un po’ perchè poi ho ordinato anche le linguine all’astice e non vorrei riempirmi troppo con l’antipasto… Ah ma guarda, ci sono anche i canolicchi, ne prendo uno, tu lo vuoi? (Non lo lascio neanche rispondere) Ah no, non lo vuoi? Eh vabbè, lo mangerò io. Cavolo che tenero questo polpo, aspetta che scavo e me ne prendo un altro pezzetto…”
“Andre, è squisita, ma io guarda ne mangio giusto un po’ perchè poi ho ordinato anche le linguine all’astice e non vorrei riempirmi troppo con l’antipasto… Ah ma guarda, ci sono anche i canolicchi, ne prendo uno, tu lo vuoi? (Non lo lascio neanche rispondere) Ah no, non lo vuoi? Eh vabbè, lo mangerò io. Cavolo che tenero questo polpo, aspetta che scavo e me ne prendo un altro pezzetto…”
Un boccone dopo l’altro, accompagnato da pane abbrustolito e da pane normale – perchè è letteralmente un delitto non fare la scarpetta – l’antipasto finisce.
“Ah ma guarda, eh eh eh eh” – segue risolino imbarazzato – “sembrava tanto, invece… Una porzione giusta, direi…” (NO, la verità è che siamo cloache a cielo aperto, ma dotate di buon gusto).
La birra scende che è un piacere, cozze, vongole, polpi e canolicchi ballano la rumba nello stomaco dove, tuttavia, c’è ancora spazio per il primo piatto. Arrivano le mie linguine all’astice. Un piatto dalle dimensioni considerevoli e dal profumo ammaliante. L’astice è praticamente intero “se mi tira una cinquina con quella chela mi fa secca in un istante”. Ma per fortuna, quello passato a miglior vita è lui ed io ne approfitto per continuare a mangiare senza preoccupazioni.
“E’ buonissimo Andre…. Ne vuoi un po’? (Non lo lascio rispondere). No? Vabbè, non sai cosa ti perdi” (Non che lui se la passasse male nel frattempo, impegnato com’era a gustare i suoi fusilli al tonno fresco).
Dopo un po’, anche del primo piatto non c’è più traccia. Andre decide di ordinare una cheesecake alle fragole mentre, io, che i dolci amo per lo più prepararli, bypasso il dolce per andare dritta al “dunque”: il liquore al mirto rigorosamente fatto in casa. Che di buoni così, onestamente, non ne avevo mai bevuti. Terminiamo in bellezza con un bicchierino di crema di limoncello gentilmente offerto dalla casa. E fatto “in casa”. Buono, da berne fino allo sfinimento. Se non ci avessero portato via la bottiglia, ce la saremmo scolata tutta. Alla faccia dello stare leggerini e del nostro aereo programmato per le 7 del mattino dopo!
In buona sostanza, il consiglio che vi dò se e quando capiterete nella bella città di Cagliari è uno: rifugiatevi per cena nella Tana del Gusto, in via Pergolesi 1/B.
E fatelo soprattutto se, oltre ad essere dei buongustai, avete anche un robusto appetito come noi. (Abbasso gli inappetenti!) 🙂
E fatelo soprattutto se, oltre ad essere dei buongustai, avete anche un robusto appetito come noi. (Abbasso gli inappetenti!) 🙂